lunedì 18 gennaio 2010

Ravioloni di ricotta e acciughe, con concassè di pomodori freschi sporcati con pesto crudo

L’ingrediente da provare, che poi mi ha portato a pensare a questa ricetta, è stato il pesto genovese, preso da Esperya.
All’apertura del vasetto, è uscito un mix esplosivo di profumi, davvero eccellente. Basilico profumato, ma il vero basilico genovese…. da distinguere davvero da tutti gli altri, perchè il basilico che cresce nella zona di Prà, [...]
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Spiedi di maiale & prugne + marmellata di rabarbaro

Il post del Lunedi, meglio tardi che mai!
Devo essere sincero, sono quasi 10 minuti che provo a dare forma ai miei pensieri e mani alla tastiera cerco di infilarmi fra le righe di questo post. Non credo mi stia riuscendo tanto bene visto che ogni frase battuta é seguita da un diffidente sguardo allo schermo e da un "se vabbé, domani" farfugliato fra le labbra. Ho avuto una giornata piuttosto densa, piena di impegni, persone da conoscere, mani da stringere, battute da scambiare (in inglese poi, figuratevi) e disegni da analizzare. Si, ieri é stato uno di quei giorni in cui ti viene da pensare a se tutto quello che stai facendo, la gente che ti sta intorno e le parole che poco spontaneamente butti fuori pur di portare a termine una mare di banali conversazioni abbiano un senso. Arrivi alle 6 del pomeriggio che proprio non ce la fai piú, non sei piú te stesso e non hai voglia di parlare con nessuno, evitando il minimo contatto visivo con chiunque ti stia intorno.
Fortunatamente peró a casa ti risollevi, alzi la testa e ti godi un pó di tempo in compagnia delle tue cose e della persona che ami. Poi c'é il Maiale Ubriaco che ti da una mano a ritorvare un dimensione sempre piú tua; io lo uso un pó come un diario ed un modo per tenermi vicino al mio caro amico Stefano che dall'altra parte dello schermo legge e mi immagina, in questa realtá cosi diversa da quella in cui siamo crescuti. Termina cosi il mio racconto di oggi, questa piccola parentesi di vita quotidiana. La ricetta che segue va a tutti quelli che in questo momento hanno il piacere di leggermi e a loro auguro una buona settimana!
Ingredienti

x la marmellata
500 gr. di rabarbaro
200 g di zucchero
3-4 cucchiai di succo di limone

Mettete sul fuoco una casseruola con lo zucchero ed il limone e lasciate sciogliere. Unite il rabarbaro lavato e tagliato in pezzi e girate con un cucchiaio di legno per 10 minuti a fuoco alto. Abbassate la fiamma e portate a cottura avendo cura che la marmellata non si addensi troppo. Se volete conservarla, a termine cottura invasate e chiudete ermeticamente.

x gli spiedini
500 gr. di lonza di maiale
400 gr. di prugne fresche
400gr. di patate novelle
alcune foglie di salvia
1 spicchio d'aglio
olio extravergine d'oliva
aceto balsamico
sale grosso
pepe nero

Pulire le prugne e le patate e tagliarle a metá; tagliare anche la carne a cubetti e dopo aver aromatizzato il tutto con un filo d'olio extravergine d'oliva, sale e pepe nero iniziare a infilare gli ingredienti in lunghi spiedini di legno, alternandoli a delle profumate foglie di salvia. Finita la preparazione adagiare gli spiedi in un largo piatto o in una teglia e irrorarli con dell'aceto balsamico. Cuocere su una griglia ben calda (naturalmente ideale sarebbe la brace) rigirandoli spesso. Terminata la cottura strofinare con un spicchio d'aglio e servire con una deliziosa marmellata di rabarbaro.

Remo Morretta
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[Non chiamatela] Antropologia del dove, del quando & del caldo metropolitano!


Le antropologie ce le eravamo quasi scordate. 
Io per primo le avevo dimenticate, mettendo da parte una briciola sostanziosa del Maiale. In realtà, e sinceramente, mi appaiono ora come un modo volgare di raccontare altro oltre le ricette ed i luoghi ai quali siamo abituati da tempo. Dico volgare perchè quelli che furono tentativi maldestri di cimentarsi in un'antropologia sono ora, e suona pure meglio, racconti di vita con annesse riflessioni. Il Maiale mangia & beve, ingrassa e si sollazza.. ma prova anche a riflettere qualche volta. A pancia piena si intende. Dunque anche a Roma da qualche giorno il caldo afoso e l'immancabile venticello sono apparsi. Se ne accorgono le signore sui tram, le studentesse accalorate per strada e gli impiegati vestiti di tutto punto, giacca e cravatta, camicia a maniche lunghe e occhiali da sole. Io Roma sto per lasciarla. Una serie di impegni e la voglia di andare mi portano lontano. Lascio anche casa, che riprenderò a settembre/ottobre chissà in quale quartiere, municipio o borgata. Negli ultimi giorni passo volentieri le ore che precedono il buio alla finestra. Una birra gelata a farmi compagnia e i miei occhi puntati sulla piazza. Dalla mia postazione privilegiata osservo le persone nel caotico e rumoroso atto dello spostarsi. Un amico non amico mi parlava di traiettorie. Una notte sulla Casilina, dall'ultimo piano di un palazzetto, provò a spiegarmi la sua teoria. Una teoria contemplativa, che non tentava per forza di giungere a una conclusione. Quando sto quassù, mi diceva, osservo la gente muoversi e traccio per ognuno la sua traiettoria. Immagino flussi di linee che compongono un mosaico di vite, fatti e accadimenti. Spesso, ovvio, queste si mescolano, si intrecciano e a me pare quasi che le vite di quello o quell'altro possano scontrarsi, congiungersi, arrotolarsi insieme. Sarà stata l'ebbrezza ma a me piacque quella teoria, questo modo di partecipare alla vita senza parteciparvi. Un osservatorio del resto ha sempre il privilegio di lasciare spazio alla fantasia. Così io butto i miei occhi sulla piazza, sul sole che cala, sui wine bar che si riempiono, sul venticello che ritorna, sulla mia birra e su tutta la mia immaginazione. Mi faccio domande senza attendere risposte. Metto su un pò di musica e lascio spazio alla testa. Dove andrà quella ragazza con la gonna bianca, che giornata avrà avuto, chi ama, che pensa, cosa mangia. E quel signore anziano che a stento riesce a trascinare la busta che porta con se? Tutto mi appare così delicato. Leggero e irresistibile. Il mondo, o parte di esso, si muove ai miei piedi. Poco al di sotto di essi. Ed è uno scomporsi di suoni, di teste e silouette, di macchie di colore sul fondo grigio dell'asfalto. Tra i semafori e i tram, il bar Regina e quei due buffi ometti bianchi. Centinaia di teste si muovono per andare da qualche parte. Per andare dove devono andare. Finita la birra mi butto sul letto e chiudo gli occhi. Rimango immobile per un pò, poi sento l'immancabile languore. Apro gli occhi e penso a cosa cucinare. Sono giorni in cui mangio sempre da solo e quelle, credetemi, sono le cucinate migliori. Come sempre accade. Un biscotto di grano con olio di frantoio, pomodori di Sicilia, basilico, finocchietto e pecorino. Una frittata alla Sannita, mozzarelline ripiene di verdurine di stagione tagliate a cubetti piccolissimi e fritte in poco olio. Fiori di zucca, insalata di frutta e verdura, melanzane grigliate con mentuccia, yogurt, fragole, ciliege, pesche, miele e cereali. Un sorso di amaro fatto in casa e passa la paura. Paura del dove e del quando, dell'andare, produrre, incontrare, poi ritornare e ricominciare. Quali sono e saranno le mie traiettorie? Una dolce paura accarezzata dallo stordimento di una giornata afosa passata in giro tra cose da fare, caffè con crema e telefonate. "Devo prendere le pellicole ci vediamo a Ottaviano, aperitivo alle 18 a San Lorenzo, una casa da vedere alle 17, ma poi ce la fai a venire?! C***o non ho tirato fuori i panni dalla lavatrice, ma domani vieni alla cena, cucini tu? Chiama la scuola dì che non vai alla riunione, no ma se torno prima ci passo un secondo. Ma quella del giornale l'hai più vista? Mamma, allora non torno ci vediamo a fine mese direttamente. La digitale in assistenza. Oh, ma chi era quella?! Non lo so! Questo caldo mi stressa, mi fa sudare, ho sempre voglia di entrare in un bar e sciacquarmi il viso. Stare qui dentro, in mezzo alle cose mi prende male. Dovrei anche cucinare qualcosa e scattare due foto. Il Maiale Ubriaco. Oramai ha preso forma dentro di me. Mi aspetto sempre di incontrarlo, magari la notte quando mi alzo per andare a bere. Svolto l'angolo e zac! mi si piantona davanti. Grosso e grasso, dritto sulle zampe anteriori. E ride, e mi guarda, e ride. "Mi avete creato voi, ora dovete seguire la mia traiettoria!" Oh no, o mio Dio. No ma è il caldo, il caldo che rimpalla sul cemento di questa strana città, un pò metropoli un pò paese mi sta dando le allucinazioni. Non ci posso restare qua dentro. Dentro alle strade a fare le cose, a telefonare, a sentirmi come Bukowski in quel racconto visionario che era "6 pollici". ... Era carina quella, ti ha salutato e vuoi dirmi che non la conosci? Ste ma dove vai? Oh? ... Vado alla mia finestra. Ho comprato la birra. Vado a casa, no non vengo alla cena, non esco stasera. E non mangio. Fino a prima di partire resto alla finestra. Ascolto un pò di musica e osservo le traiettorie. Traiettorie? Mi sa che il caldo ti ha dato alla testa!
Stefano Tripodi

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Soufflé al vino passito & racconti di viaggio

Il post del viaggiatore!
Carissimi lettori, é oramai una vita che non vi scrivevo, cosi ho pensato di buttar giú due righe per tenervi compagnia e naturalmente, come si diceva con Stefano un pó di tempo fa, ingrassare questo maiale. Purtroppo il lavoro mi ha tenuto lontano; a casa non ci mettevo piede non so da quanto tempo (sinceramente, mi sa che ho perso il conto) ed in cucina davvero non riesco a passarci piú di qualche minuto. Da settimane sono in giro per il mondo, salto da un aereo all’altro e mangio davvero quando e dove capita; insomma un povero disperato con la valigia in mano a cui colazioni e cene di lavoro insipide e senza anima (fatte le dovute eccezioni) hanno logorato il senso del gusto e brutalmente represso quell’ indispensabile voglia di convivialitá. Poi d’improvviso, come nelle belle favole, cambia qualcosa ed arriva il momento della riscossa. Qualche giorno fa di buon mattino sono uscito con la mia Paula per una lunga passeggiata in un piccolo villaggio non distante da casa nostra; la natura, le cassette coi tetti di paglia, gli asini e le pecore, quel profumo rigenerante di erba appena bagnata dalla rugiada mi hanno riportato in una dimensione piú umana, semplice e dai rtimi blandi come piace a me. Dulcis in fundo (e qui ci sta proprio bene) come se non bastasse siamo stati indirizzati verso un piccolo pub The Pot Kiln in cui ad ora di pranzo sarebbe iniziato un corso di cucina per dolci al forno, bakery si dice qui. Naturalmente non mi sono fatto sfuggire l’occasione e dopo una lauta colazione in loco sono entrato nella piccola ed accogliente cucina con un simpatico gruppo di persone arrivate da ogni dove per l’occasione. Ho passato delle ore splendide a pasticciare con uova e farina mentre Paula divertita scattava fotografie piú o meno utili e sorseggiava una tazza di the (inglese DOC). Ho racimolato un bel pó di ricette. Eccovi la prima!

Ingredienti

80 gr di vino passito di Pantelleria
80 gr zucchero
4 uova
1 cucchiaio di farina
burro
zucchero a velo
sale

Montate a bagnomaria i tuorli delle uova con 80gr di zucchero e 80gr di passito fino ad ottnere uno zabaione spumoso. Fatelo raffreddare quindi incorporatevi la farina e gli albumi montati a neve con un pizzico di sale ed infornate a 180° per 25 minuti. Servite il soufflè appena sfornato con una abbondante spolverata di zucchero a velo.
Note
- utilizzate uno stampo dalla base ampia e dai lati alti
- non riempire fino all’orlo il recipiente con il composto, fermatevi sempre a circa 2cm dal bordo così da evitare la fuoriuscita del soufflè in cottura e il relativo sgonfiamento
- infornate sempre a forno già caldo
- gli albumi montati a neve ben ferma devono essere incorporati all’impasto appena prima di infornare
Remo Morretta

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Briciole d'agosto: Il Maiale a Parigi [capitolo III]

Questo è un post indaffarato!
Era tanto che non scrivevo e, al solito, ne sono successe di tutti i colori! Sono a Parigi, ancora per poco in realtà, il mio aereo decolla domattina ed è già tardi. Mezzanotteventuno di una domenica stracarica di cose fatte e ancora da fare. Ultima mostra vista, Leibovitz + Klein alla Maison Européenne de la photographie. E non aggiungo altro, gli appassionati capiranno. Assieme ai due per me quest'anno ha trionfato Avedon. La retrospettiva dedicatagli al Jeu de Paume a Concord mi ha incantato ed ha incantato anche l'Europa. Splendidi i ritratti in banco ottico fatti in giro per il west America. Ma tra le pieghe dei libri e delle foto altri nomi meritano d'essere citati [e come se meritano!]: Friedlander perchè ironicamente questi luglio e metà agosto ho detto "ho cominciato a scattare come lui"; Man Ray perchè Parigi lo trascina con se e perchè è appena uscito This is Man Ray, un DVD che vi auguro di comprare; Robert Frank la cui America mi son ritrovato a pensare mentre ai jardin des Tuileries goffamente passeggiavo sentendomi Friedlander. Inoltre pure del maestro sono uscite una riedizione di The Americans [a dire il vero due e per due case editrici: la Delpire e la Steidl] e una serie di 3 DVD! Insomma, c'era e c'è davvero tanto da comprare. Or bene mi fermo qui, lasciando perdere tutto il popòdimenochè ci sta in Provenza, ad Arles. Gli appassionati clicchino sul link e prenotino un biglietto aereo. E veniamo a noi. Il Maiale questa volta si è sentito un pò più di casa qui a Parigi. Del resto è inevitabile se la tua metà qui ci lavora e ovviamente ci vive. Nelle fresche mattine, durante la settimana, sono andato spesso con lei a Versailles dove è ubicato il suo atelier. Dopo una lauta colazione a base di frutta, latte fresco, yogurt ai cereali, pane caldo e confettura di lamponi (!) la mia giornata poteva aprirsi ed io mi lasciavo cullare dai boulevard, le viottole degli antiquari e i piccoli bistrot fino ad arrivare alla place du marché nel quartiere di Notre-Dame. Sappiate che il mercato di Versailles non ha nulla a che vedere con nessuno dei mercati parigini. Mi spiace dirlo, ma da Parigi troppo spesso ci si viene a rifornire qui. Dai formaggi ai salumi, alla carne alle spezie, alla frutta e verdura, ai fiori e al pentolame.

Tutto di assoluta qualità. Nei post passati riguardanti Parigi avevamo parlato dei mercati, soffermandoci sul Marché d'Aligre. Non c'è paragone, e il sapore di Versailles sta tutto nella qualità che offre. Abbiamo fatto colazioni improvvisate in atelier a base di pollo arrosto, insalate miste con funghi e pomodori di Bretagna condite con fior di sale e innaffiate da Bordeaux da svenire per quanto bene abbiamo mangiato. A chiunque venga da queste parti a fare un giro consiglio davvero di passare una mattinata al mercato di Versailles. Io ho riempito la dispensa di ortaggi, conserve, formaggi, sale aromatizzato, bottiglie e spezie. E non ho speso quanto a Parigi i cui mercati invece non mi paiono così di qualità. Buona parte delle vivande son finite in cene a lume di candela o in stanza da pranzo piena di amici. Pasta integrale con fagiolini alla provenzale, vino rosso e mille chiacchiere spesso in quattro lingue diverse! Sempre a Versailles, per gli amanti della galette, segnaliamo La Creperie, poco distante dal Castello.

Il posto è molto carino, le ragazze gradevoli e simpatiche, il sidro alle mele molto buono e le galettes, come le crepes, buonissime. Ci trovate persone che smontano per la pausa pranzo dal lavoro [proprio come noi], un posto da vivere durante la settimana a pranzo o alla sera nel weekend. Per me che adoro la galette è stata una scoperta. La materia prima, inutile dirlo, proviene tutta dalla place du marchè. Dunque, queste parole messe in fila un pò in confusione solo per dirvi: che se andate a Parigi e dintorni potete pensare anche di bypassare le centinaiadimigliaia di bistrot e immaginare una permanenza più genuina; che Versailles non è solo treno-castello-treno ma anzi, una cittadina di grande valore artistico e mirabilmente in gamba per ciò che riguarda l'antiquariato ed il restauro di opere d'arte; che il mercato di Notre-Dame è stato una scoperta fantastica ed ancora più interessante è stato scoprire che in effetti la città di Parigi mangia molto con quel che compra a Versailles. Ultima nota: questa volta in giro per la città abbiamo mangiato molto spesso. Cercando sempre la formula che più ci piace. Cucina tipica, vino buono, genuinità dei prodotti e semplicità. Desidero dedicare questo post a Le Brespail, piccolissimo e graziosissimo ristorantino che a me e Milena ha rubato il cuore. Purtroppo per noi e per tutti il locale ha chiuso il giorno dopo la nostra cena a lume di candela. La proprietaria, una anziana signora che proponeva con enorme successo cucina tipica dei Pirenei, ha deciso di ritirarsi per godere in pace il resto della vita tra i suoi amati monti. Ma immaginate: Al Faubourg St Antoine, in un minuscolo vicoletto soppalcato da una rampicante, cinque tavoli all'esterno e un interno da incanto con panche rosso scuro e pareti di roccia. La cucina a vista e timido jazz da una dispensa in legno antica. Poi la notizia, sussurrata, della chiusura. Il localino che ho sempre sognato trovare, disegnato su misura da quella timida signora, ora chiudeva per sempre le porte. Quando ce ne siamo andati ho celebrato il mio silenzio. Socchiuso gli occhi dentro l'arietta fresca parigina. Ero dispiaciuto, certo. Ma poi ho avuto come un bagliore. E ho avvertito un fremito. Ho pensato a me e a Remo. Ad un nostro locale. Alla nostra passione. In un attimo ho costruito una vera e propria storia nella mia mente. Così ho sorriso, pensando al futuro e a quello che verrà.

Place du Marché Notre-Dame
Place du marché 78000 Versailles
La Creperie
85 rue de la Paroisse
78000 Versailles
01 39027102
Le Brespail
159 rue du Faubourg St Antoine
75011 Paris

Stefano Tripodi

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Pork pie & Borough Market: un' estate a Londra

Amici miei, dovete sapere che questa per me é un'estate davvero particolare. Non mi era mai capitato da quando sono qui di starmene lontano dalla mia terra in questo periodo e tutto mi sembra cosi strano. La sera guardo il telegiornale e sento parlare di esodo, gran caldo, di italiani in vacanza, cene in terrazza a lume di candela, concerti e teatro a Ravello o a Segesta. Io per un attimo credo di essere li, sorrido pensando a quella bella giornata di mare che il giorno dopo mi potrei godere, a qualche ora in barca magari a chiacchierare del piú e del meno col mio amico Stefano. Poi dalla finestra intravedo gli alberi ondeggiare al vento, un timido raggio di sole affacciarsi fra il grigiume delle nuvole circostanti ed ahimé sembra pure che una leggera e costante pioggia inizi a cadere. "Macché estate, qui siamo in pieno autunno..." farfuglio malinconico continuando a sorseggiare il mio bicchiere di vino rosso. Fortunatamente da queste parti la stagione estiva é ricca di eventi ed io per sentirmi a casa mi sono dato da fare, concedendomi qualche ora fra la gente in un posto movimentato e frenetico quale é Londra. Appunto a questo volevo accennare. Questo fine settimana sono stato a trovare degli amici nel quartiere londinese di Clapham ed ho avuto l'opportunitá di (ri)scoprire una realtá cittadina davvero gradevole; diversa dalla Parigi che descrive il mio compare, ma comuqnue affascinante. A parte i numerosi negozi di artigianato, i ristorantini, café ed una serie di botteghe gourmet che popolano la zona, sono stato attratto da un piccolo mercato ai piedi di London Tower che da anni oramai é simbolo di freschezza e riscoperta dei prodotti e produttori locali, il Borough Market. Qui ci ho trovato tutto quello che mi serviva per sentrimi veramente a casa ed entusiasta ci ho trascorso delle ore bellissime, immerso in una piccola ed accogliente realtá bucolica, nel cuore della metropoli. Fra le tante prelibatezze ho trovato la "pork pie", squisitezza appartenente alla tradizione inglese piú antica. Naturalmente non ho saputo trattenermi, ne ho comprate di tutti i tipi ed una volta tornato a casa ne ho preparato una versione tutta mia. Ve la lascio qui, buona settimana!
Pie...a word whose meaning has evolved in the course of many centuries....The derivation of the word may be from magpie, shortened to pie. The explanation offered in favour or this is that the magpie collects a variety of things, and that it was an essential feature of early pies that they contained a variety of ingredients....Early pies were large; but one can now apply the name to something small, as the small pork pies or mutton pies...
The Oxford Companion to Food, Alan Davidson [Oxford University Press:Oxford]

Ingredienti

x il ripieno
450 gr spalla di maiale
55 gr grasso di maiale
55 gr di pancetta
sale q.b

x la sfoglia
450 gr di farina
250 gr di lardo
90 ml d’acqua
latte q.b
sale q.b

x la gelatina
300 ml d’acqua
½ bustina di gelatina in povlere (circa 6 gr)
prezzemolo
pepe
Lavorare la farina e il lardo per qualche minuto, aggiungere un pizzico di sale, l’ acqua e quando l’impasto inizerá a spezzarsi metterlo da parte e lascialro riposare per circa un’ora. Stendere una sfoglia di circa 5 mm e adagiarla su stampi di circa 8-10 cm di diametro e 5 cm di altezza. (assicuratevi di averne abbastanza per coprire il ripieno)
La carne ed il grasso andranno tritati, salati e pepati ed aggiunti agli stampi. Bagnare le estremitá della rimanente sfoglia con dell’acqua ed usara per chiudere il tutto.
Spennellare con del latte e cuocere in forno a 190 C per circa 1 ora e 30 minuti. Terminata la cottura lasicar riposare per qualche ora. Preparare intanto la gelatina che una volta pronta andrá versata nei tortini attraverso una piccola incisione del coperchio di pasta sfoglia. Lasciar riposare in frigo per 7-8 ore.
Remo Morretta

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Il Maiale ubriaco incontra i produttori di Provolone del Monaco


Questo è il post di fine estate!
Buon lunedì e buon inizio settembre. Agosto si è chiuso silenzioso dietro tende bianche e risvegli all'alba. La voglia è di iniziare col piede giusto, l'adrenalina è a 1000 mentre fervono i preparativi per la partenza. Roma mi attende, intanto scrivo da casa dei miei dove sono cresciuto, Parigi mi manca e Milena è nuovamente lontana in cose d'arte indaffarata. Sono qui per raccontarvi - ve l'avevo promesso - del mio piccolo giro in Penisola Sorrentina su per le colline alla ricerca dei produttori di Provolone del Monaco. Sono ormai 3 anni che mi concedo qualche settimana di agosto a Sorrento. Il mare e il pesce, i limoni e il sole. La Terra, i prodotti, il vino e lo sguardo sempre volto al golfo di Napoli. In verità amo di più Piano di Sorrento, la vista che si gode da Villa Fondi mi apre il cuore, come scrutando più in basso, tracciando una verticale fino a toccare la spiaggia. Tra una pizza al forno a legna, una grigliata di provola e limoni e piante di basilico grosse come alberi abbiamo intrapreso il nostro giro su per i paesini frazioni di Vico Equense. Siamo partiti presto al mattino dopo una buona colazione. Da Sorrento conviene dirigersi verso Seiano, quindi prendere la strada per il Monte Faito. Ci sono strade più brevi dall'interno ma pare che siano a strapiombo e prive di protezione. Ci hanno detto che solo i contadini sanno percorrerle al meglio. Prima tappa Arola, dove abbiamo visitato il piccolo e delizioso caseificio Gustami Staiano Antonio di Casa Paola. Qui siamo stati accolti con gentilezza e luccichio d'occhi. Abbiamo avuto l'onore di assaggiare la ricotta ancora calda, i preziosi caciocavalli per i quali il caseificio ha preso la DOP e i famosi diavolilli, minute provolette ripiene di un'oliva piccante e profumata. Si cucinano spaccati in due sulla brace avvolti da foglie di limone.

Sono 60 anni che la famiglia Staiano lavora artigianalmente i propri prodotti, 60 anni di risvegli notturni coccolati dal mare che si affaccia in casa dalle finestre o dal ballatoio. Quello che ci ha colpito è stata la bontà del cuore ritrovata negli occhi. La gentilezza e le parole di chi sente di fare una cosa bellissima. I prodotti sono tutti realizzati con latte vaccino della zona. La distribuzione è solo Napoli, ci hanno detto. Ma vale la pena. credete, arrivare fin lassù. Andiamo via tra strette di mano e promesse di risentirci. Prossima destinazione Moiano. Il caseificio La verde fattoria del monte comune della famiglia Albano è una realtà più grande rispetto a quella di Arola. Incontriamo la signora Barbara che ci apre le porte ad una spettacolare visita fin dentro le celle di maturazione del provolone. E qui incontriamo il nostro Monaco. Finalmente possiamo degustare uno dei più pregiati prodotti della Penisola Sorrentina. La produzione del caseificio è di circa 50 pezze al giorno. Qui la DOP è proprio per il provolone, che viene realizzato dal 1855 con il latte delle vacche di razza agerolese, alimentate dal fieno raccolto ad inizio primavera sui Monti Lattari. L'Agerolese rischia l'estinzione. Questo problema sta alla base di tutti gli sforzi volti alla salvaguardia e alla valorizzazione degli allevamenti, proprio perchè specifiche indagini organolettiche provano che il formaggio fatto con questo latte ha caratteristiche uniche. Ora credetemi se vi dico che mangiare una mollica di provolone appena tagliato è una sensazione di indescrivibile gusto. Boccone dopo boccone è rivivere un pezzo di storia della produzione casearia campana. Ma perchè questo provolone è detto del Monaco? Diverse sono le leggende e quella che noi accreditiamo riguarda la somiglianza delle bisacce usate per il trasporto del provolone [che aveva mercato solo a Napoli ad inizio secolo perchè troppo caro] con quelle comunemente portate dai frati per la raccolta delle offerte. Il Provolone del Monaco viene prodotto esclusivamente nei Monti Lattari da ottobre a maggio. Le stagionature tipiche sono a 4, 7 e 9 mesi. Una pezza di provolone parte da un peso di 3 Kg fino a raggiungere gli 8 kg. Dobbiamo anche ricordare che di recente Slowfood con Carlo Petrini ha creato un presidio sul Provolone del Monaco nell'ambito del progetto Arca. E siamo alla fine della nostra storia. Ringrazio la signora Barbara la cui gentilezza e il cui sorriso ricorderò sempre. Dobbiamo tanto a persone come queste la cui passione ci permette di avere produzioni eccellenti. Persone il cui impegno tiene viva un'antica tradizione. Sulla via del ritorno, ripercorrendo la strada attraverso i paesini fin verso Sorrento, abbiamo deciso di concederci un'altra breve sosta. Prendendo la strada per Santa Maria del Castello si arriva a quello che è chiamato il Sentiero degli Dei. Non perdete il prossimo post. Insieme ad una squisita ricetta a base di limoni e Provolone del Monaco parleremo anche di questo. Vi aspetto!
Stefano Tripodi

Caseificio "Gustami Staiano Antonio"
Via Raffaele Bosco, 826
Arola - Vico Equenze (NA)
Tel. 081 8024047
081 8024203
Caseificio "La verde fattoria del monte comune"
Via Sala, 24 Moiano - Vico Equenze (NA)
tel. 081 8023095 Fax 081 8023729

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Risotto passato in forno con limoni di Sorrento e provolone del Monaco


Finalmente ci siamo! Sono tornato a Roma e sto iniziando ad organizzare l'anno lavorativo che si prospetta denso denso di impegni. Ci eravamo lasciati con l'idea di realizzare un risottino molto radicale, a base di limoni di Sorrento e Provolone del Monaco. Ebbene eccoci qui, un pò in ritardo ma ci siamo. E' nata, in questo tempo in cui non ci siam visti, la voglia di raccontare due sapori straordinari della Campania. La particolarità sta nel fatto che ho desiderato esaltarli al massimo, realizzando un risotto volgarmente soprannominato assoluto, per l'estrema semplicità e distinguibilità dei sapori. Niente basi, tanto per cominciare. Niente aglio, cipolla, brodo e quanto altro. Ma, nell'ordine: un meraviglioso olio di Puglia prodotto in famiglia secondo ferree leggi biodinamiche, un riso superfino bianchissimo preso al sacco, limoni di Sorrento colti un paio di giorni fa, fior di sale e il nostro Provolone del Monaco. L'assolutezza del piatto sarà ancor più ravvisabile nella modalità di preparazione. E qui vi voglio.. a darmi consigli, a far le vostre aggiustatine, a bacchettarmi qualora pensaste ch'io abbia toppato ;-) La verità è che ci siamo deliziati ad assaporarlo. L'idea di passarlo in forno è stata buona, tutti i sapori sono venuti ancor più fuori inebriandoci e profumando la cucina di limone. Poi la croccantezza del riso al palato ha fatto il resto. E' questo un modo per salutare l'estate. Ora che il fresco comincia a fare capolino, nell'attesa di un morbido autunno e di tutti i suoi sapori. Gustatelo alla sera, dopo una ricca giornata passata fuori. Apparecchiate con lentezza, magari all'aperto, e stappate un bianco morbido e profumato. Accendete una candela. Lasciate che gli occhi si chiudano ad ogni boccone.
Ingredienti x 4 persone
240 gr di riso bianco superfino
3-4 limoni di Sorrento
Provolone del Monaco (media stagionatura)
olio di frantoio
fior di sale
pepe nero
Tostate il riso in una padella antiaderente precedentemente irrorata di poco olio extravergine. Sfumate con il succo di limone e portate a metà cottura con l'acqua bollente. Aggiustate di sale con una manciata di grani di fior di sale, pepate e grattugiatevi una generosa quantità di buccia di limone. Mantecate con una noce di burro e un bel pò di Provolone del Monaco grattugiato in scaglie grossolane. Passate in forno già caldo a circa 200° e fino ad ultimare la cottura ed avendo cura di aggiungere acqua calda quando serve. Dopo circa 20 minuti spegnete il forno e lasciate riposare. Prelevate il risotto dal forno, impiattate e spolveratevi sopra alcune scaglie di buccia di limone, provolone del monaco e ancora poco pepe nero.
Stefano Tripodi


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Tortino di friselle, pomodori pachino secchi e alici (La Caponata)

Ma che bello ritrovarsi a scrivere per il Maiale! Mi mancava questo appuntamento ormai classico, in cui di sera dopo una succulenta cenetta mi siedo al computer e inizio a scrivere del piú e del meno, a parlarvi dei miei viaggi e dei piatti in cui mi sono cimentato, aggiungendo qua e la pensieri sparsi. Spero voi stiate bene e che l'estate via abbia portato consiglio (dal punto di vista culinario, si intende). Io qualche giorno fa ho aggiunto l'ennesima traversata al mio calnedario e sono tornato a casa a trovare i miei cari. Era tanto che mancavo e sapete com' é, la mamma si era cominciata a preoccupare, pensava che una sana rimpatriata mi avrebbe scrollato dalle spalle il peso della stanchezza e regalato un pó di buona cucina...aveva ragione!
Il post di oggi, leggero e senza impegno (sciué sciué come si dice a Napoli), nasce proprio da questa breve sosta salernitana, dal mio breve e nostalgico incontro con il mare e un arrivederci ad un'estate italiana di cui ho tanto sentito la mancanza. Manco a dirlo trattasi di una trovata della mamma che in cucina non ci sta troppo volentieri, ma che ha il palato fine e a piatti cosi proprio non sa resistere. Io vi riporto la ricetta "originale", tanto povera quanto gustosa, con l'aggiunta di due ingredienti preziosi: il pachino siciliano secco, regalo della splendida Segesta e le alici di Cetara, Costiera Amalfitana. Godete e inebriatevi del profumo di questo piatto. Buon appetito!

Ingredienti x 4 persone

4-5 friselle (o a Napoli freselle)
2 pomodori San Marzano maturi
7-8 pomodorini pachino secchi (sott'olio)
4 filetti di alici sotto sale
2 cucchiai di olive nere di Gaeta
1 cucchiaio di capperi
olio extravergine d'oliva q.b
pepe nero q.b
origano q.b

Bagnare velocemente le freselle lasciadole ancora croccanti e pestarle in una ciotola. Aggiungere un filo d'olio extravergine d'oliva, del pepe nero e amalgamare il tutto. Versare il trito di pane biscottato in dei piccoli stampi cilindrici che andrete a sfilare dopo pochi istanti aiutandovi con le dita. A questo punto completare la caponata con il resto degli ingredienti e servire subito. Nota, non aggiungete sale, le alici, i capperi ed i pomodori secchi hanno un grado salino giá abbastanza elevato. Annaffiate il tutto con una profumatissima Ribolla Gialla del Friuli (Ribuele, cosi la chiamano da quelle parti).

Remo Morretta
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Pernice & patate novelle al forno + marmellata di more (the sunday roast)

Buon compleanno Stefano! Questo post é dedicato al mio compagno di avventure e amico di sempre nel giorno del suo compleanno (o meglio due giorni dopo). Il fatto é che io avevo preparato tutto con dovuto anticipo in modo da far coincidere ricetta e dedica annessa al fatidico giorno, ma come sempre i mille impegni mi hanno messo in crisi e inevitabilmente ficcato il bastone fra le ruote. Peró il pensiero c’é, che é poi quello che conta; insomma come si dice dalle nostre parti “pensamm ‘a salute”, tanti auguri amico mio! Una curiositá che mi piace raccontare: io e Stefano ci siamo conosciuti circa 10 anni fa e con il tempo interessi, passioni e sogni molto simili ci hanno sempre piú avvicinato; insomma un'amicizia rara e mai banale. Ma la cosa che mi ha sempre affascinato é che noi siamo nati a pochi giorni di distanza, nello stesso ospedale (una piccolo clinica privata) e che gli eventi negli anni ci hanno riavvicinato (vai a vedere, magari eravamo pure vicini di culla?!). Ecco un puro caso o no io credo sia uno delgi elementi che da tanto ci mantiene forti. Digressione fatta…passiamo avanti?
La ricetta di oggi come potrete notare non é un dolce, una torta di compleanno, ma uno di quei piatti che ti scaldano l'animo, uno di quelli che a lui, Stefano, piacciono un sacco. Qui in Inghilterra comincia a fare proprio freddo ed i piatti che hai voglia di mangiare sono proprio questi, caldi e saporiti, magari mentre te ne stai seduto davanti al camino del pub sotto casa a sorseggiare una buona birra artigianale. La ricetta é quella di una tipica domenica inglese, un Sunday roast che dalle mie parti é sopratutto a base di selvaggina. La scelta é ricaduta sulla pernice (rara in Italia), ma tranquilli, puó essere sostituita senza rimorso alcuno da un bel pollo ruspante (anche se col pollo ha poco a che vedere). Vi lascio le istruzioni e scappo...stasera mi tocca cucinare! A presto.

Ingredienti x2 persone

2 pernici
50 gr di guanciale
patate novelle (dieci a testa)
5-6 pastinache (oppure carote)
1 limone
2 spicchi d’aglio
1 rametto di timo
sale q.b
pepe q.b
bacche di ginepro

Riscaldare il forno a 190ºC. Strofinare la pernice con abbondante sale, pepe ed olio extravergine d’oliva e riempirne la cavitá con un limone fresco (tagliato a metá), timo e una paio di bacche di ginepro. Coprirne il petto con delle fettine di guanciale e lasciar riposare (in questo modo la carne assorbirá tutto il profumo di limone e spezie). Pulire patate e pastinache (queste ultime andranno tagliate grossolanamente) e farle cuocere in una pentola d’acqua bollente con l’aglio per una decina di minuti. Terminata la cottura scolare, lasciar raffreddare giusto un attimo e versare in una teglia da forno. Il tutto andrá salato e pepato, bagnato con un filo d’olio ed agitato per unire bene gli ingredienti. Al centro adagiare la pernice con una bella noce di burro e cuocere in forno per 30 minuti circa.
Portare in tavola e servire direttamente dalla teglia, aggiungendo alla carne un cucchiaio di marmellata di more.
Volendo sostituire la pernice con un pollo da 1.5 kg circa i tempi di cottura andranno raddoppiati. Il pollo andrá infornato per 45 minuti e le patate (ed appena un filo d’olio) aggiunte solo a questo punto per ulteriori 30 minuti.

Remo Morretta

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Confettura di mele cotogne


In questo post quasi non ci speravo!
Bentornati a tutti. Bentornato a me. Che vergogna, erano secoli che non scrivevo su queste pagine. Ne approfitto subito per ringraziare il mio compare il quale mi ha dedicato un succulento post celebrando così il mio 28esimo. In realtà pochi giorni fa, precisamente il 20 ottobre scorso, è stato anche il suo di compleanno. Se qualcuno di voi fosse affamato di gossip sappiate che noi due nascemmo nello stesso anno, stesso mese, stessa città, stessa clinica. Coincidenze?? Beh, io me lo ricordo ancora Remo, quando al liceo varcò la soglia della mia classe il primo giorno.. ma questa, abbiate pietà, è un'altra storia. Dunque, questa confettura nasce in giorni in cui si preparano una serie di eventi. Nel miglior spirito organizzativo vengono prenotati voli, scrutati i tabelloni dei musei parigini e londinesi, comprate pellicole fotografiche, prenotati biglietti alla Fnac, discusse in conferenza skype varie ed evenuali ipotesi. Riusciranno i nostri eroi a passare un capodanno insieme? E dove lo passeranno? Poco importa la destinazione, il luogo. Quello a cui ci terremmo invece è riuscire a stare un pò insieme. Prendere le macchine fotografiche e uscire all'alba. Col cappuccio sulla testa e respiri profondi. Attraversare la città o la campagna. Andare al mercato. Sorridere ai racconti di questo o quell'aneddoto. Vecchi ricordi, 1000 mangiate, mille tavole apparecchiate. Sughi e confetture, pizze al forno a legna, pane per la colazione. Bottiglie comprate, amate e odiate. Discussioni, risate, speranze condivise. Hai visto quel locale sul mare? Eh, non me lo dire..mi prende il nervoso. Come sarebbe il menu, come lo faresti? No, solo cucina tradizionale. Si ci vedo anche un piccolo orto, forse un erbolario. Riprendo fiato. E credo di poter fare un'anticipazione. Il Maiale 2.0! Avete sentito? Non ci pensate, facciamo finta di niente. Non ci pensiamo. Mi vengono i brividi. Succederà. Questa confettura ricambia gli auguri a Remo e rende gustoso un aperitivo semplice, con pochi formaggi e buon pane. Alle noci, alle olive. Fate voi. Trovate un buon abbinamento, beveteci un buon bianco. La ricetta è semplice. Come tutte le cose migliori. Le più belle. Dal profumo antico & dagli ingredienti preziosi. A presto.
Ingredienti x 1 kg di mele cotogne
1 kg di mele cotogne
450 g di zucchero
scorza di limone
Tagliate le mele a metà quindi cuocetele in acqua per ammorbidirle. profumate con della scorza di limone e raggiunta la consistenza desiderata riducetele in poltiglia, oppure frullatele o passatele al pasaverdura. Aggiungete così lo zucchero e continuate a cuocere schiumando e fino ad ottenere la giusta densità. Badate che il fuoco sia moderato. Invasate e lasciate raffreddare naturalmente.
Stefano Tripodi


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Crostata di mele, crema alla vaniglia & miele di castagno

Il post del Lunedi!
Eccoci, di corsa come al solito, ma come facevo a resistere alla tentazione di regalarvi un'altra piccolissima chicca prima di scomparire per qualche giorno? Come diceva Stefano siamo pieni zeppi di impegni e poi ci stiamo dando un bel da fare per questo maiale, abbiamo messo un pó di cose a posto, fatto ordine in una metaforica stanza che metaforicamente andava ordinata e siamo prossimi ad un passo decisamente importante per noi. Chi vivrá, vedrá! Oggi celebro l'autunno che vola via veloce qui oltremanica e faccio il punto, chiudendo capitolo, sulla mela, protagonista dell'ammaliante confettura preparata la settimana scorsa dal mio socio. Un dolce, perché di questi tempi se ne sente un bisogno crescente e poi perché comincio a prenderci la mano, sono disinvolto, sciolto come il burro e adesso maneggio uova, farina & co senza alcun timore reverenziale. Mamma mia che soddisfazione! La mela da utilizzare per questa ricetta é piccola, rossa e succosa, ideale per la cottura in forno dove dará sfogo ai sui aromi intensi. Io ho utlizzato un frutto da giardino che da queste parti chiamano mela cox, ma credo il vostro fruttivendolo di fiducia possa suggerirvi il prodotto migliore in base alla vostra collocazione geografica. Insomma per non perderci in chiacchiere, una bella mela tosta, profumata e non trattata dará al vostro dolce un'anima (che purtroppo manca in larga parte della cucina moderna). Vi auguro come al solito un buon inizio settimana, un abbraccio e alla prossima.

Ingredienti

2-3 mele rosse

x la crema pasticcera
4 uova
4 cucchiai di farina
4 cucchiai di zucchero
1/2 litro di latte
una stecca di vaniglia

x la sfoglia
200g di farina
75 d zucchero a velo
75 g burro morbido
2 tuorli d’uovo
2 cucchiai d’acqua fredda o latte
1 pizzico di sale

Per preparare la crema unire zucchero, farina e uova in una ciotola; unire bene il tutto ed aggiungere lentamente il latte continuando a girare con una frusta e poi il tocco finale, una stecca di vaniglia aperta a metá (cosi facendo i semi si aggiungeranno alla crema e lo stelo potrá essere eliminato a fine cottura) . Cuocere a fuoco basso per qualche minuto fino ad ottenere una crema non troppo densa. Mettere da parte e lasciar raffreddare. Per la crostata distendere la pasta frolla (la cui ricetta trovate qui)in una teglia da circa 20 cm e infornare per una decina di minuti. A questo punto aggiungere la crema e le mele, precedentemente tagliate a fette sottili, e mescolate con dello zucchero di canna. Continuare la cottura in forno a 180 C per 20 minuti circa. Servire con del miele (io ho utilizzato dell'ottimo miele di castagno) e una spolverata di cacao amaro.

Remo Morretta


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Jamie's Italian - quando il Made in Italy fa la differenza

Salve a tutti! Tanto che non buttavo giú due righe e calcavo il pavimento di questa stanza virtuale. Peccato, dispiace perché questo come sapete é ormai da anni un diario di cucina e di vita, un filo diretto con le mie passioni, una finestra che con discrezione si dischiude nella vita di tutti voi cogliendone momenti e sensazioni irripetibili. Ma é piú dura di quanto avessi pensato stare al passo e mantenere in vita una serie di progetti che richiedono attenzioni costanti (e qui ci metto pure il mio amato maiale). Una buona notizia peró, frutto pure della mia assenza in questo periodo, e' che finalmente ho una cucina nuova...anzi, ho una cucina! Si perché da un pó di anni a questa parte non sono stato fortunato a riguardo e in tutte le mie dimore ho dovuto combattere con spazi angusti e attrezzatura carente, forni poco propensi al lavoro prolungato, "non-cucine" anni 70 che ce l'hanno messa tutta per regalarmi un sorriso, ma proprio non erano all'altezza. Non se ne poteva piú. Naturalmente i lavori in corso ed una vita lavorativa parecchio intensa mi hanno spinto a cercare ristoro altrove e le trattorie locali mi hanno fatto da seconda casa. Ore 20.00, giornale alla mano, immancabile calice di vino rosso, uno sguardo in cucina e pure una mano a servire i clienti dal banco, sono entrato a pieno ritmo nella semplice realtá dello Yew Tree, un remoto pub di campagna non distante da casa mia. Ma questa é un'altra storia. Oggi volevo parlarvi di un esperimento andato in porto, di un giovane cuoco, Jamie Oliver, che in questi ultimi anni é riuscito non solo a mettere su un piccolo impero, ma sopratutto ha contribuito alla costruzione di un nuovo modello culturale e culinario in una realtá che stentava a carpire la bellezza e l'importanza della bella cucina. Attraverso la riscoperta valori e gesti di una volta, degli ingredienti semplici e genuini della propria terra e sopratutto un approccio moderno e spregiudicato, Jamie Oliver ha saputo avvicinare ai fornelli gente di ogni etá e posizione sociale, sopratutto giovani. Insomma il ragazzo, per chi da queste parti di cucina é veramente appassionato, é diventato un mito, un esempio di cui seguire attentamente le orme. Il suo modello peró Jamie lo ha costruito tenendo in mente un mondo ben preciso, quello della cucina regionale italiana. Sono anni infatti che ne imita ( a volte in modo grottesco) ogni aspetto e malgrado l'approccio sperimentale tutto "anglosassone" credo sia riuscito a comunicarne l'essenza.

Nei sui ristoranti, Jamie's Italian appunto, si respira un' atmosfera di casa; il profumo del caffé inebria le stanze, gli insaccati sono appesi al soffitto, le dispense a vista mettono in mostra ogni ben di Dio dalle conserve alla farina, dai pelati al vino ed all'ingresso, seduto su una seggiola, ci trovi un giovane cameriere che raccoglie la pasta appena fatta in ampi vassoi di legno. Tra i piatti quelli tipici regionali delle nostre domeniche, quelli che mamma preparava con cura di buon mattino, mentre il babbo era fuori a comprare dolci e quotidiano ed io, ingenuo, mangiavo a stento la mia zuppa di latte; figuratevi che sul menu ci ho trovato pure un dolce classico del ristorantone di paese: gelato alla crema affogato al caffé (servito in piccole tazze da colazione tipo Coppa del Nonno). Insomma una vera trattoria, una di quelle locande pane e vino che trovi nelle viuzze di antichi borhi italiani e che Mario Soldati ricordava nostalgico nei sui testi, solo che qui siamo ad Oxford, Kingston e Bath. Complimenti ad Oliver quindi e una pacca sulla spalla a tutti noi, orgogliosi portabandiera dell'inossidabile Made in Italy. Questo é quanto gentili lettori, ora scappo a fare la spesa e i regali di Natale. Alla prossima!

Remo Morretta
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Buon Natale & Buon Anno dal Maiale*


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Scorribande pugliesi: il Maiale è ciò che mangia!

Il Maiale Ubriaco riapre i battenti.
Quando mai li aveva chiusi. Magari accostati. Ma capita, è capitato e capiterà ancora immagino. Credo sia un colorarsi di verità, come dire: ogni tanto i panni si accumulano in un cesto di canapa perchè hai altre priorità e cose da sbrigare. Il Maiale è sempre ubriaco, non è a stecchetto e gode di ottima salute. Essendo una casa, credo pure accogliente, qualche volta si accumula un pò di polvere; ma eccoci pronti con stracci e ramazza a dare una bella lucidata. Lo facciamo subito e con tanta voglia di raccontarvi una bella storia. Questo capodanno il Maiale è scappato in Puglia, poco lontano da Taranto nel nord del Salento. L’idea era maturata già in giugno, dopo aver conosciuto Nora e Ciro i quali mi avevano invitato a trascorrere un po’ di tempo a casa loro. Due amanti della cucina tradizionale, ottima cuoca lei splendido ed istrionico lui che s’è fatto da solo producendo con orgoglio il proprio olio ed imparando sul campo e sui libri a capire (ma direi meglio “interiorizzare”) che la cucina è cultura e che la cultura non è mai quantità ma qualità. Son partito di buon mattino il 30 dicembre attraversando nel sole il pezzo di strada che porta la Campania a congiungersi con la Basilicata per arrivare così a Taranto intorno a mezzogiorno. Un viaggetto in macchina molto rilassante, con una buona colazione alle spalle e musica diffusa a cullare i pensieri. Sono di quei viaggi che adoro, perché te ne stai in silenzio per qualche ora, giochi con le idee e attendi quello che dovrà venire e di cui hai solo un piacevole profumo intorno. Al mio arrivo è stata subito casa, subito pace, subito piacevolezza. Questo è un resoconto di viaggio, di viaggio dentro la cucina, dentro la storia ed il recupero della memoria. I miei amici hanno accolto il Maiale con la bellezza e l’amore che solo la semplicità può regalare. Perché semplice per noi, e lo sapete bene, è sinonimo di raffinatezza, di gusto. Da dove comincio? Dalla purea di fave cotte al fuoco con le cipolle di Tropea e poco aceto e misticanza di campagna? Dalle orecchiette fatte a mano dalla dolcissima Grazia con le rape? Dalle discussioni interminabili sulle due qualità di olio, il Coratino e il Frantoiano? O, se preferite, dalla pasta pomodorini, porcini e ventresca di tonno. E la pastina col sugo di baccalà dove la infiliamo? E i carciofi fritti e ricotta fresca? Sulla ricotta forte aprirei un blog o un forum ma il rimando a Wikipedia può bastare!

Il sugo di carne cotto al fuoco con diaframma di vitello e agnello è "una mazzata dietro la testa", come si dice dalle mie parti! Prendete questi piatti, consegnateli nelle mani di due cuoche che conoscono il valore della cucina popolare, profumate l’atmosfera di una più che piacevole e colta compagnia, bagnatevi le labbra di miscele di amabile e primitivo, quindi: otterrete un’esperienza da tramandare! Il che su queste pagine resta povera cosa, dovete fidarvi o comunque affidarci voi ed io alla vostra sensibilità. Sono certo, chi un poco conosce il Maiale Ubriaco, che saprete comprendere bene di cosa sto parlando. Non posso dimenticare gli altri commensali e le origini partenopee di alcuni di essi. La cassata di Scaturchio me la sogno la notte e la fusion (per usare un termine contemporaneo) che creava, l'amalgama coi sapori di quel pezzo di Puglia, signori miei parole per descriverlo non ce ne stanno! Altro capitolo sono state le pettole col vin cotto. Un’esperienza meravigliosa e da ripetere intorno al fuoco di un camino. Le boccate d’aria tra un pasto e l’altro fuori la casa, nell’aria fredda, davano il tempo di riflettere su quello che stavo vivendo. Bisogna credere nelle cose per dargli il giusto peso. L’uomo è ciò che mangia, l’abbiamo scritto. L’alimentazione è un modo ed un luogo complesso e denso di significato nella costruzione dell’identità culturale dell’uomo. Siamo ciò che ingeriamo, diceva Feuerbach. Un po’ complicato parlarne, ma il sapore di ciò che vi ho appena raccontato sta tutto in queste parole. E per noi del Maiale diventa importante nella misura in cui desideriamo trasmettere certi valori. Ricordarli, passarli, tenerli sempre vivi. Ho finito, ce l’ho fatta, sono stato anche breve (?!). Ci rivediamo presto perché ho voglia di scrivere di uno dei piatti di cui abbiamo parlato. Buona settimana, buona continuazione e lunga vita.

Dedicato allo Gnuro, Ciro & Nora, Grazia, Raffaele, Roberto & Simona, don Mario, Chiara & Alessandro .. e alla piccola Seri*


Stefano Tripodi

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mercoledì 13 gennaio 2010

Buon 2010!


A tutti l'augurio di un fantastico 2010 ricco di sodddisfazioni, serenità, amore....e di tutto ciò che ognuno di noi desidera!!!

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Si ricomincia....

Rieccomi dopo una vita dall'ultima volta che ho postato con una ricetta....e per il ritorno vi voglio lasciare ben due ricette.

Sono state fatte durante le vacanze di Natale in giorni differenti ma con una base comune.....gli ingredienti principali sono uova e verdure ed entrambe arrivano dal numero di gennaio de La Cucina Italiana...sono nella sezione antipasti ma noi li abbiamo consumati come secondi!

Eccovi le ricette, così come le ho realizzate io con quello che avevo a disposizione.


1^ ricetta

FRITTATA IN FORNO CON CICORIA



Di questa purtroppo non ho la foto
perchè mi sono dimenticata di farla....ma vi voglio dare
ugualmente la ricetta perchè merita.
Appena la rifaccio aggiungo la foto!


Per 2 persone:
350 gr di cicoria surgelata
1 cipolla
3 uova
olio evo
50 gr di mortandela.....è un salume particolare acquistato in Trentino, una sorta si salame molto speziato
burro

Lessate la verdura in acqua bollente non salata, poi scolatela, strizzatela bene e fatela saltare in padella a fuoco medio con 2 cucchiaini di olio evo, la cipolla a rondelle, un pizzico di sale, pepe e la mortandela a cubetti.
Battete le uova con sale e pepe, quindi mescolatevi la cicoria intiepidita.
Rivestite di carta forno bagnata e strizzat auno stampo, pennellate con poco burro e versatevi il composto.
Infornate a 200° per 25/30 minuti (dipende dalle dimensioni dello stampo, comunque deve risultare bella soda e dorata in superficie)
Sfornate la frittata, fatela riposare qualche minuto, poi sformatela e servite.

2° ricetta

POLPETTE DI FAGIOLI E VERDURE




Per 2/3 persone:
200 gr di zucca decorticata
120 gr di borlotti già lessati (da voi oppure in scatola)
150 gr di cicoria
1 uovo intero
pangrattato
farina
1/2 cipolla
olio evo
sale e pepe


Riducete la zucca dadini e soggriggetela in padella una decina di minuti con 2 cucchiaini d'olio, la cipolla ed un pizzico di sale.
Lessate la cicoria in acqua bollente non salata quindi scolatela a strizzatela.
Frullate al mixer i fagioli con metà della cicoria ottenendo un pcomposto abbastanza cremoso (io ho aggiunto un paio di cucchiaio di acqua), poi trasferitelo in una ciotola e mescolatelo con i dadi di zucca, l'uovo, sale e pepe, il resto della cicoria sminuzzata, 50 gr di pangrattato. Fate riposare il composto per almeno un'ora in frigorifero.
Con il composto fare delle polpettine leggermente schiacciate (saranno più o meno grandi a seconda dei gusti personali - a me ne sono uscite una ventina).
Preparate in un piatto un mix di farina e pangrattato (1/3 e 2/3), passatevi le polpette quindi disponetele su una placca rivestita di carta forno, irrorate con un'emulsione leggera di acqua e olio (1 cucchaio d'acqua per ogni cucchiaino di olio) e fate cuocere in forno a 180° finchè risultano belle dorate da entrambe le parti.

Servite belle calde.


Ci sono piaciute entrambe.....le polpette le ha mangiate molto volentieri anche mio marito che solitamente non ama gli impasti.

Ovviamente potete personalizzarle con le verdure o insaporire come più vi aggrada.......grana, prosciutto crudo, dadini di formaggio filante, scarola, zucchine........e tanta fantasia!
Alla prossima!

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Tagliatelle ai cereali con salmone e zucchine

Quello che vi propongo oggi è un primo piatto velocissimo da realizzare ma da leccarsi letteralmente i baffi!
L'altro giorno in un supermercato ho trovato nel banco fresco le tagliatelle ai cereali di una notissima marca (avete capito no? tortellini & C!!!!!!!) e mi sono incuriosita.
Devo dire che la prova assaggio non ha deluso le mie aspettative...la sfoglia si presenta bella corposa e rustica al punto giusto!
Veniamo alla ricetta.





Per 2 persone:
140 gr di tagliatelli ai cereali (va da sè che vanno benissimo anche delle tagliatelle classiche..)
100 gr di salmone norvegese affumicato
1 grossa zucchina
vodka
1/4 di cipolla
olio evo
sale e pepe
paprika dolce


Lavate per bene la zucchina, quindi asportate con un pelapatate la parte verde e riducete queste striscie a julienne. Tagliate grossolanemente a tocchi la polpa della zucchina e mettetela a freddo in un pentolino con la cipolla tritata grossolanamente, un filo di olio, un pizzico di sale e acqua. Portate a cottura aggiungendo se necessario dell'acqua (che a questo punto dev'essere calda), regolate di sale, pepate quindi riducete tutto in purea con un frullatore ad immersione.

Nel frattempo mettete a scaldare in una capace padella un filo d'olio, fateci rosolare qualche minuto le striscioline di zucchina, quindi aggiungete il salmone tagliato a striscioline. Fate rosolare quindi sfumate con mezzo bicchierino di vodka. Fate sfumare e lasciate cuocere ancora per pochi minuti. Alla fine salate, se necessario, tenendo conto che il salmone affumicato è sempre molto saporito e aggiungete della paprika a piacere.

Nel frattempo avrete fatto cuocere le tagliatelle: scolatele al dente e fatele saltare nel sugo di salmone e zucchine aggiungendo un pochino di acqua di cottura.

Sistemate a specchio sul fondo di due piatti la crema di zucchine, adagiateci le tagliatelle con il loro condimento, una spolveratina di pepe fresco e via in tavola.



Super veloce e super gustoso.

Devo dire che la "ruvidità" della sfoglia si sposa a meraviglia con la delicatezza del condimento....un matrimonio perfetto!

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Ravioloni di ricotta e acciughe, con concassè di pomodori freschi sporcati con pesto crudo

L’ingrediente da provare, che poi mi ha portato a pensare a questa ricetta, è stato il pesto genovese, preso da Esperya.
All’apertura del vasetto, è uscito un mix esplosivo di profumi, davvero eccellente. Basilico profumato, ma il vero basilico genovese…. da distinguere davvero da tutti gli altri, perchè il basilico che cresce nella zona di Prà, [...]
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Torta morbida pere e cioccolato

L’abbinamento pere e cioccolato è ormai un classico, ma questa volta al posto della “Crostata pere e cioccolato”, ho voluto preparare questa torta, a base morbida, con le pere ed il cacao.
Devo dire che è una vera bontà, e l’utilizzo del mascarpone rende la torta sofficissima, provate per credere. Ingredienti: 110 g. di zucchero
2 tuorli
2 uova intere
250 [...]
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[Non chiamatela] Antropologia del dove, del quando & del caldo metropolitano!


Le antropologie ce le eravamo quasi scordate. 
Io per primo le avevo dimenticate, mettendo da parte una briciola sostanziosa del Maiale. In realtà, e sinceramente, mi appaiono ora come un modo volgare di raccontare altro oltre le ricette ed i luoghi ai quali siamo abituati da tempo. Dico volgare perchè quelli che furono tentativi maldestri di cimentarsi in un'antropologia sono ora, e suona pure meglio, racconti di vita con annesse riflessioni. Il Maiale mangia & beve, ingrassa e si sollazza.. ma prova anche a riflettere qualche volta. A pancia piena si intende. Dunque anche a Roma da qualche giorno il caldo afoso e l'immancabile venticello sono apparsi. Se ne accorgono le signore sui tram, le studentesse accalorate per strada e gli impiegati vestiti di tutto punto, giacca e cravatta, camicia a maniche lunghe e occhiali da sole. Io Roma sto per lasciarla. Una serie di impegni e la voglia di andare mi portano lontano. Lascio anche casa, che riprenderò a settembre/ottobre chissà in quale quartiere, municipio o borgata. Negli ultimi giorni passo volentieri le ore che precedono il buio alla finestra. Una birra gelata a farmi compagnia e i miei occhi puntati sulla piazza. Dalla mia postazione privilegiata osservo le persone nel caotico e rumoroso atto dello spostarsi. Un amico non amico mi parlava di traiettorie. Una notte sulla Casilina, dall'ultimo piano di un palazzetto, provò a spiegarmi la sua teoria. Una teoria contemplativa, che non tentava per forza di giungere a una conclusione. Quando sto quassù, mi diceva, osservo la gente muoversi e traccio per ognuno la sua traiettoria. Immagino flussi di linee che compongono un mosaico di vite, fatti e accadimenti. Spesso, ovvio, queste si mescolano, si intrecciano e a me pare quasi che le vite di quello o quell'altro possano scontrarsi, congiungersi, arrotolarsi insieme. Sarà stata l'ebbrezza ma a me piacque quella teoria, questo modo di partecipare alla vita senza parteciparvi. Un osservatorio del resto ha sempre il privilegio di lasciare spazio alla fantasia. Così io butto i miei occhi sulla piazza, sul sole che cala, sui wine bar che si riempiono, sul venticello che ritorna, sulla mia birra e su tutta la mia immaginazione. Mi faccio domande senza attendere risposte. Metto su un pò di musica e lascio spazio alla testa. Dove andrà quella ragazza con la gonna bianca, che giornata avrà avuto, chi ama, che pensa, cosa mangia. E quel signore anziano che a stento riesce a trascinare la busta che porta con se? Tutto mi appare così delicato. Leggero e irresistibile. Il mondo, o parte di esso, si muove ai miei piedi. Poco al di sotto di essi. Ed è uno scomporsi di suoni, di teste e silouette, di macchie di colore sul fondo grigio dell'asfalto. Tra i semafori e i tram, il bar Regina e quei due buffi ometti bianchi. Centinaia di teste si muovono per andare da qualche parte. Per andare dove devono andare. Finita la birra mi butto sul letto e chiudo gli occhi. Rimango immobile per un pò, poi sento l'immancabile languore. Apro gli occhi e penso a cosa cucinare. Sono giorni in cui mangio sempre da solo e quelle, credetemi, sono le cucinate migliori. Come sempre accade. Un biscotto di grano con olio di frantoio, pomodori di Sicilia, basilico, finocchietto e pecorino. Una frittata alla Sannita, mozzarelline ripiene di verdurine di stagione tagliate a cubetti piccolissimi e fritte in poco olio. Fiori di zucca, insalata di frutta e verdura, melanzane grigliate con mentuccia, yogurt, fragole, ciliege, pesche, miele e cereali. Un sorso di amaro fatto in casa e passa la paura. Paura del dove e del quando, dell'andare, produrre, incontrare, poi ritornare e ricominciare. Quali sono e saranno le mie traiettorie? Una dolce paura accarezzata dallo stordimento di una giornata afosa passata in giro tra cose da fare, caffè con crema e telefonate. "Devo prendere le pellicole ci vediamo a Ottaviano, aperitivo alle 18 a San Lorenzo, una casa da vedere alle 17, ma poi ce la fai a venire?! C***o non ho tirato fuori i panni dalla lavatrice, ma domani vieni alla cena, cucini tu? Chiama la scuola dì che non vai alla riunione, no ma se torno prima ci passo un secondo. Ma quella del giornale l'hai più vista? Mamma, allora non torno ci vediamo a fine mese direttamente. La digitale in assistenza. Oh, ma chi era quella?! Non lo so! Questo caldo mi stressa, mi fa sudare, ho sempre voglia di entrare in un bar e sciacquarmi il viso. Stare qui dentro, in mezzo alle cose mi prende male. Dovrei anche cucinare qualcosa e scattare due foto. Il Maiale Ubriaco. Oramai ha preso forma dentro di me. Mi aspetto sempre di incontrarlo, magari la notte quando mi alzo per andare a bere. Svolto l'angolo e zac! mi si piantona davanti. Grosso e grasso, dritto sulle zampe anteriori. E ride, e mi guarda, e ride. "Mi avete creato voi, ora dovete seguire la mia traiettoria!" Oh no, o mio Dio. No ma è il caldo, il caldo che rimpalla sul cemento di questa strana città, un pò metropoli un pò paese mi sta dando le allucinazioni. Non ci posso restare qua dentro. Dentro alle strade a fare le cose, a telefonare, a sentirmi come Bukowski in quel racconto visionario che era "6 pollici". ... Era carina quella, ti ha salutato e vuoi dirmi che non la conosci? Ste ma dove vai? Oh? ... Vado alla mia finestra. Ho comprato la birra. Vado a casa, no non vengo alla cena, non esco stasera. E non mangio. Fino a prima di partire resto alla finestra. Ascolto un pò di musica e osservo le traiettorie. Traiettorie? Mi sa che il caldo ti ha dato alla testa!
Stefano Tripodi

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Pernice & patate novelle al forno + marmellata di more (the sunday roast)

Buon compleanno Stefano! Questo post é dedicato al mio compagno di avventure e amico di sempre nel giorno del suo compleanno (o meglio due giorni dopo). Il fatto é che io avevo preparato tutto con dovuto anticipo in modo da far coincidere ricetta e dedica annessa al fatidico giorno, ma come sempre i mille impegni mi hanno messo in crisi e inevitabilmente ficcato il bastone fra le ruote. Peró il pensiero c’é, che é poi quello che conta; insomma come si dice dalle nostre parti “pensamm ‘a salute”, tanti auguri amico mio! Una curiositá che mi piace raccontare: io e Stefano ci siamo conosciuti circa 10 anni fa e con il tempo interessi, passioni e sogni molto simili ci hanno sempre piú avvicinato; insomma un'amicizia rara e mai banale. Ma la cosa che mi ha sempre affascinato é che noi siamo nati a pochi giorni di distanza, nello stesso ospedale (una piccolo clinica privata) e che gli eventi negli anni ci hanno riavvicinato (vai a vedere, magari eravamo pure vicini di culla?!). Ecco un puro caso o no io credo sia uno delgi elementi che da tanto ci mantiene forti. Digressione fatta…passiamo avanti?
La ricetta di oggi come potrete notare non é un dolce, una torta di compleanno, ma uno di quei piatti che ti scaldano l'animo, uno di quelli che a lui, Stefano, piacciono un sacco. Qui in Inghilterra comincia a fare proprio freddo ed i piatti che hai voglia di mangiare sono proprio questi, caldi e saporiti, magari mentre te ne stai seduto davanti al camino del pub sotto casa a sorseggiare una buona birra artigianale. La ricetta é quella di una tipica domenica inglese, un Sunday roast che dalle mie parti é sopratutto a base di selvaggina. La scelta é ricaduta sulla pernice (rara in Italia), ma tranquilli, puó essere sostituita senza rimorso alcuno da un bel pollo ruspante (anche se col pollo ha poco a che vedere). Vi lascio le istruzioni e scappo...stasera mi tocca cucinare! A presto.

Ingredienti x2 persone

2 pernici
50 gr di guanciale
patate novelle (dieci a testa)
5-6 pastinache (oppure carote)
1 limone
2 spicchi d’aglio
1 rametto di timo
sale q.b
pepe q.b
bacche di ginepro

Riscaldare il forno a 190ºC. Strofinare la pernice con abbondante sale, pepe ed olio extravergine d’oliva e riempirne la cavitá con un limone fresco (tagliato a metá), timo e una paio di bacche di ginepro. Coprirne il petto con delle fettine di guanciale e lasciar riposare (in questo modo la carne assorbirá tutto il profumo di limone e spezie). Pulire patate e pastinache (queste ultime andranno tagliate grossolanamente) e farle cuocere in una pentola d’acqua bollente con l’aglio per una decina di minuti. Terminata la cottura scolare, lasciar raffreddare giusto un attimo e versare in una teglia da forno. Il tutto andrá salato e pepato, bagnato con un filo d’olio ed agitato per unire bene gli ingredienti. Al centro adagiare la pernice con una bella noce di burro e cuocere in forno per 30 minuti circa.
Portare in tavola e servire direttamente dalla teglia, aggiungendo alla carne un cucchiaio di marmellata di more.
Volendo sostituire la pernice con un pollo da 1.5 kg circa i tempi di cottura andranno raddoppiati. Il pollo andrá infornato per 45 minuti e le patate (ed appena un filo d’olio) aggiunte solo a questo punto per ulteriori 30 minuti.

Remo Morretta

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